Leonardo vive nel '500, in un'epoca ricchissima di fermenti creativi e di impulsi artistici.

Grazie alla rinascita delle lettere - favorita dalla cultura umanistica e dall'invenzione della stampa - ed alle nuove scoperte geografiche, l'uomo, tornato "al centro dell'Universo" esplora nuove strade in tutti gli ambiti della cultura.

Di tante personalità inquisitive e artistiche sorte in quest'età, Leonardo è l'esempio più affascinante, perchè in lui si coniugano l'anima del pittore e quella dello scienziato.
L'attenzione al colore ed alla forma accompagnano nella sua pittura l'interesse per l'anatomia e per il colore dell'aria, mentre i suoi disegni scientifici o architettonici hanno una bellezza che li avvicina ai quadri a tema religioso.

Con vera attitudine analitica, il maestro da Vinci non si stanca di indagare in ogni ambito della scienza verificando, e spesso modificando, le leggi della meccanica e della fisica che il Rinascimento aveva ereditato dagli antichi, e intuendone di nuove e complesse.

Le sue invenzioni stupefacenti precorrono i tempi non di anni, ma di secoli.
Poco sappiamo dei primi anni di attività di Leonardo a Firenze, dove lavorò alla bottega di Andrea Verrocchio, fra il 1469 ed il 1478, ma sono anni importantissimi per indirizzare la sua attività artistica successiva.

Dal 1482 al 1499 fu a Milano, e visse nello stimolante contesto di quella corte di scienziati ed artisti che gravitava intorno a Ludovico il Moro.

Qui si accrebbe il suo interesse per gli studi di anatomia, botanica, idraulica, meccanica ed ottica ed i suoi dipinti cominciarono ad evidenziare l'essenziale equilibrio con il quale egli voleva integrare nella sua pittura l'ambito artistico e quello scientifico.

Quando egli lasciò Milano (pur tornandovi poi saltuariamente per lunghi periodi) per recarsi a Firenze e poi a Roma, le sue ricerche teoriche presero una impostazione più eclettica e si espressero in complessi scritti redatti sugli argomenti più vari, riguardanti progetti ed invenzioni. I manoscritti relativi a questi anni dell'attività vinciana sono stati recuperati e studiati con attenzione soltanto di recente.

Durante questa fase della sua vita, comunque, Leonardo non tralasciò mai la pittura, che era, nella sua concezione, l'attività suprema per un artista.

Egli così scrive: "Le scienze che sono imitabili sono in tal modo, che con quelle il discepolo si fa eguale all'autore, e similmente fa il suo frutto; queste sono utili all'imitatore, ma non sono di tanta eccellenza, quando sono quelle che non si possono lasciare per eredità, come le altre sostanze.
Infra le quali la pittura è la prima; questa non s'insegna a chi natura nol concede, come fan le matematiche, delle quali tante ne piglia il discepolo, quante il maestro gliene legge.
Questa non si copia, come si fa le lettere, che tanto vale la copia quanto l'origine.
Questa non s'impronta, come si fa la scultura, della quale tal è la impressa qual è l'origine in quanto alla virtù dell'opera.
Questa non fa infiniti figliuoli come fa i libri stampati; questa sola resta nobile, questa sola onora il suo autore e resta preziosa e unica, e non partorisce mai figliuoli eguali a sè.
E tal singolarità la fa più eccellente che quelle che per tutto sono pubblicate."
(Trattato della pittura, f.4)

Dal 1516 al 1519 egli fu in Francia, dove soggiornò fino alla morte e, fatto emblematico, non si separò mai da un dipinto che riteneva la "summa" del suo sapere e della sua arte, la Gioconda.