Gli scritti leonardeschi

Leonardo fu, oltrechè un uomo geniale ed estroverso, anche uno scrittore vivace.

I suoi manoscritti, famosi per la scrittura speculare e mancina, spesso sono un contendere con un oppositore immaginario che contrasta, propone, ipotizza e avanza quelle teorie che Leonardo riteneva proprie dei suoi avversari.

Da questi scritti trapela sempre, oltre che l'impegno scientifico, l'occhio dell'artista.
Osservazioni ed esperimenti sono commisti a descrizioni poetiche e delicate, che associano lo scienziato al pittore, allo scultore, all'architetto.

La maggior parte di questi codici sono miscellanee, dato che gli argomenti trattati sono sempre vari e spaziano dall'arte alle discipline scientifiche: la pittura e l'architettura, ma anche la matematica, l'astronomia, la geologia, l'idraulica, scienze il cui splendore si era offuscato dai tempi antichi, e che erano divenute quindi ambiti in cui Leonardo operava pressochè come pioniere, riaccertando e confutando con la sperimentazione quelle leggi che i predecessori avevano passivamente ereditato da Aristotele.

I manoscritti, questa paziente relazione delle ricerche leonardiane, sono oggi sparsi per il mondo e non sono necessariamente conservati nei molti luoghi in cui soggiornò l'autore.
Il "Codice Leicester" è attualmente l'unico che appartenga ad un privato.

Tutti i manoscritti leonardiani sono stilati in italiano, per quanto il maestro avesse appreso già nel 1490, da autodidatta, a leggere il latino. La conoscenza di questa lingua, per quanto non giungesse mai ad un livello eccezionale, gli consentì di esaminare molti di quei trattati scientifici antichi che spesso erano le uniche fonti cui potesse attingere nel redarre le sue osservazioni.
Comunque, la maggior parte delle volte, sembra che Leonardo leggesse i testi classici in quelle traduzioni italiane che gli umanisti andavano effettuando quotidianamente dal latino e dal greco.

Nella maggior parte dei casi, le annotazioni del maestro sono stilate senza un piano programmatico preciso. Sono semplicemente note su argomenti che erano di volta in volta suggeriti all'autore dal suo interesse del momento.

Nel caso del "Codice Leicester", per la compilazione Leonardo trasse spunto anche da altri suoi manoscritti, come il Libro A di Parigi ed il manoscritto II di Madrid.
Più volte, nel corso della stesura, egli esprime il proposito di ordinare le sue slegate annotazioni in un trattato ordinato, ma non ebbe occasione di farlo.

Dopo la morte del maestro di Vinci, tutti i codici manoscritti erano stati ereditati da Francesco Melzi, che era divenuto discepolo di Leonardo durante il secondo soggiorno milanese (1506 - 1513) e che l'aveva seguito ad Amboise negli ultimi anni della sua vita. Egli raccolse tutti i quaderni ed i fogli nella villa di famiglia, a Vaprio d'Adda, e qui lasciò che venissero trascritti e copiati liberamente da altri studiosi.
Ma alla sua morte il fondo vinciano cominciò a disperdersi: il figlio, Orazio Melzi, vendette i fogli a curiosi ed eruditi, che se li contendevano pagandoli a peso d'oro.

Il principale fautore della scompaginazione dei manoscritti vinciani fu Pompeo Leoni, che, nel 1590, possedeva dieci manoscritti di Leonardo.
Quando si rese conto che i disegni del maestro si vendevano bene, li compose in due raccolte, una scientifica, che riunisce senza alcun ordine i fogli più grandi (e che diventerà il "Codice Atlantico"), ed una artistica, costituita da ampi ritagli tratti dai codici originari montati su pagine nuove (oggi nel volume delle collezioni reali di Windsor, proveniente da Lord Arundel).

Di tutti gli scritti vinciani solo il Trattato della Pittura venne pubblicato, nel XVII secolo.

Il gruppo più consistente di carte leonardiane (oltre 1000 fogli) è oggi il "Codice Atlantico", conservato a Milano.
Vi sono poi tredici diversi manoscritti contrassegnati con le lettere da A ad M, che sono conservati all'"Institut de France" a Parigi.
A Milano si trova il "Codice Trivulziano" e a Torino è il "Codice del Volo degli Uccelli".
Tre taccuini sono al Victoria and Albert Museum e il "Codice Arundel" nel British Museum.
La Biblioteca Reale del Castello di Windsor raccoglie circa 600 disegni di Leonardo, fra i quali tutti gli studi anatomici.

Recentemente, ha destato vasta eco il ritrovamento di due manoscritti vinciani nella Biblioteca Nacional di Madrid. I due codici, in ottimo stato di conservazione, sono però particolarmente delicati, per esser stati scritti e disegnati a sanguigna.
Molte delle loro pagine sono dedicate alla geometria descrittiva e proiettiva e alla meccanica dei pesi, ma sono comunque delle miscellanee che trattano anche di architettura - soprattutto militare - ottica, idraulica, matematica e che contengono progetti di macchine e strumenti musicali.

Gli scritti di Leonardo restarono in gran parte inediti fino al secolo XIX, quando molte delle sue intuizioni si erano trasformate in invenzioni di altri e le sue scoperte avevano trovato un altro autore.