Leonardo Matematico

Leonardo non fu mai un matematico in senso stretto, quando per matematica si voglia intendere la pura speculazione. I suoi problemi matematici si inquadrano sempre nell'ambito di una applicazione concreta, quindi sarebbe più proprio parlare del maestro da Vinci come di un matematico-pittore e come di un matematico-architetto.
Nell'interesse di Leonardo per questa scienza non ebbe certamente poca parte l'amicizia che egli strinse con il matematico Luca Pacioli al tempo del suo soggiorno milanese presso la corte di Ludovico il Moro.


Le conoscenze di Leonardo non si estesero mai all'algebra, ma, se nel suo caso è concesso usare questo termine, "si limitarono" alla geometria.

Per definire il carattere dei suoi studi, Leonardo usava il termine di "ludi geometrici", e sono sempre studi in cui è vivissimo il suo senso artistico.
I pittori del tempo risolvevano solo empiricamente quei problemi di geometria piana ai quali Leonardo preferiva applicarsi anche come teorico, e che consistevano essenzialmente nella divisione della circonferenza in parti uguali, nella iscrizione di un ottagono regolare in un quadrato, nelle costruzioni approssimate dei poligoni regolari per mezzo della loro iscrizione in un cerchio, data la conoscenza di un lato .

Ad un problema Leonardo si appassionò, e nella sua risoluzione lasciò un'impronta originale: alle ricerche sulle trasformazioni dei solidi "sanza diminuzione o accrescimento di materia".

Il maestro avrebbe voluto raccogliere questi suoi lavori in un trattato in tre libri che, come molti altri suoi progetti scientifici, rimase incompiuto, seppure mai venne iniziato.


Con molta probabilità egli si ispirò al "De transformationibus geometricis" di Niccolò da Cusa e le trasformazioni che considera sono quelle di una sfera in una piramide, di due sfere, una doppia dell'altra, in una colonna rotonda, di una colonna in un'altra più alta o più bassa.

Per risolvere questi problemi Leonardo ricorre alle medie e quarte proporzionali o a costruzioni di geometria solida.
Una buona parte della geometria leonardesca è occupata dagli studi sulle lunule, che risentono molto, nella loro impostazione, del suo occhio d'artista.
Partendo dalla prima lunula di Ippocrate di Chio, Leonardo dimostra il teorema sulla somma delle due lunule costruite sui due cateti di un qualunque triangolo rettangolo.
Giunge alla soluzione dopo aver riempito i suoi manoscritti di schizzi a penna e, sembra, in modo del tutto originale, dato che lo sviluppo del teorema elaborato dal matematico e astronomo arabo Alhazen vari secoli prima non era conosciuto nella sua epoca.

Alla soluzione del quesito detto dell'"incidenza" Leonardo giunse invece costruendo uno speciale compasso basato sull'uso di un parallelogramma articolato.
Il problema tocca un argomento caro al Leonardo pittore, ovverosia la traiettoria di un raggio luminoso dalla sorgente all'occhio dopo la riflessione sopra una sfera.
In questo caso il maestro giunse ad una soluzione empirica; alla soluzione teorica diede il nome Christian Huygens molti anni dopo.
Leonardo diede anche ampio spazio al problema dei centri di gravità dei solidi, dei quali mise in luce proprietà geometriche fino ad allora insospettate, specie relativamente alla geometria del tetraedro, riguardo al quale formulò questo duplice teorema:
"Il centro di ogni gravità piramidale è nel quarto del suo assis di tal piramide, e se dividasi l'assis per 4 eguali e intersegherai due a due li assis di tal piramide, tale intersegazione verrà nel predetto punto".

In questo ambito giunse anche alla formulazione secondo la quale:
"ogni corpo solido che avrà le sue parte oposite simili ed eguali l'una all'altra, avrà il centro della sua gravità naturale concentrico col centro della sua magnitudine".