Il "Codice Leicester"

Il "Codice Leicester" si occupa, nella sua maggior parte, di studi sulle acque.
Quasi un terzo dei suoi disegni ritrae correnti, vortici, mulinelli, impeti di acque contro ostacoli che s'infrangono.
Questo interesse per le acque ha un aspetto teorico molto suggestivo, che richiama le osservazioni, presenti anche in altri manoscritti, in cui Leonardo paragona la terra ad un corpo percorso da vene d'acqua come il corpo vivente è irrorato dal sangue.

 


Scrive Leonardo: "Il corpo della terra, a similitudine de' corpi de li animali, è tessuto di ramificazione di vene, le quali son tutte insieme congiunte, e son costituite a nutrimento e vivificazione d'essa terra e de' sua creati, e si partano delle profondità del mare, e a quelle, dopo molta revoluzione, ànno a tornare per li fiumi creati dalle alte rotture d'esse vene" ("Codice Leicester", f33v, 4A.V. e ff21v e 34r; 16A e 3B) e si ricollega ad un complesso di studi riconducibili agli ultimi dieci anni della vita del maestro, in particolare a quelli sulle acque e sui diluvi a Windsor.
Ma, oltrechè un aspetto teorico-sperimentale e cosmologico - sostenuto da una visione teosofica, che identificava con le acque il primo elemento della sussistenza animale e vegetale sulla terra - l'interesse di Leonardo per le acque ha anche un risvolto progettuale e tecnico.
Il maestro vive in un'epoca in cui l'acqua è utilizzata, oltreché per la produzione di energia e per il trasporto, anche per fini bellici. A quest'uso aggressivo della scienza Leonardo era contrario, per quanto si adoperasse a studiarne le potenzialità difensive in caso di attacco.
Fra l'altro, fra le curiosità del manoscritto, c'è la citazione di un'invenzione per respirare sott'acqua che, dice l'autore, non è descritta "per le male nature delli omini", che certamente l'avrebbero utilizzata per affondare navi ed uccidere (dice Leonardo di non potersi fidare degli uomini "li quali userebbero li assassinamenti nel fondo de' mari, col rompere i navili in fondo, e sommergerli insieme colli omini, che vi son dentro").

Leonardo si applicò con rigore allo studio delle leggi che governano il moto dell'acqua e ne trovò adeguata applicazione in stupefacenti progetti di ingegneria idraulica, illustrati nel manoscritto con precisi disegni.
Non per nulla questo codice, che consta di più di novecento fra quesiti e risposte relative alle acque, venne più tardi sottotitolato "Della natura, del peso e del moto dell'acqua" ed è la premessa ideale di un grande trattato sull'acqua progettato da Leonardo, ma da lui mai scritto per intero.
Il codice contiene anche alcune pagine dedicate all'astronomia ed alla geologia.
I primi fogli si incentrano sui fenomeni della luce nel contesto della rotazione della Luna e della sua rivoluzione intorno alla Terra e altre pagine studiano i fenomeni dell'erosione e della formazione delle rocce.
Alcune pagine hanno una stretta relazione col Trattato leonardiano della pittura, in particolare il f.4r, dedicato al "colore dell'aria".

Forma di conservazione del codice

Da alcune caratteristiche dei fogli e da alcuni segni prodotti dall'inchiostro e dal compasso su di essi, si è potuto dedurre che Leonardo compilò il codice scrivendo su di un doppio foglio alla volta e riponeva poi i fogli via via l'uno dentro l'altro.
Il manoscritto si andava così ampliando senza essere vincolato ad una rilegatura ed i fogli potevano essere spostati e ripresi per delle aggiunte.
Che Leonardo rivedesse e completasse i progetti e le osservazioni già stese è dimostrato dalla presenza di note fatte con inchiostri di colore diverso e con altra penna.
L'uso di un doppio foglio ha fatto sì che il compasso usato sulla prima pagina traforasse anche la successiva, destinata a diventare l'ultima del manoscritto.
Infine, Leonardo decise di cucire insieme come un libro i fogli ripiegati e sciolti, come dimostra la presenza di una nota aggiunta che fa riferimento a una figura posta in margine ad una pagina che, nel fascicolo slegato, era divenuta la pagina a fronte.

Le fonti usate da Leonardo

I testi autorevoli quanto allo studio dei movimenti delle acque e delle leggi che regolano il loro flusso non erano molti all'epoca di Leonardo.
Ancora una volta, egli doveva rivolgersi agli antichi. Nel codice egli menziona più volte le ricerche fatte per trovare una copia del trattato di Archimede sull'idraulica.
Fra i libri classici cui fa riferimento c'è un "Libro dell'acqua di Filone" che doveva essere la traduzione latina di una parte del "Trattato di Pneumatica" di Filone di Bisanzio.
Vi erano poi gli autori Rinascimentali che avevano trattato temi analoghi.
Leon Battista Alberti aveva parlato delle utilizzazioni dell'acqua nell'antichità in due trattati, il "De re aedificatoria" ed i "Ludi matematici", e Francesco di Giorgio Martini aveva scritto un "Trattato di architettura" in cui dedicava una discussione alla origine dei fiumi.

Nel codice Leonardo menziona altre tre raccolte di documenti: Messer Battista sulle navi, Frontino sugli acquedotti (f.13r, 13v) e Teofrasto sul flusso e riflusso del mare (f.16v, 16r).