Leonardo Geologo

Inizialmente Leonardo si dedicò allo studio dell'anatomia soltanto perchè gli fosse utile come base per la pittura.
Sembra che indagini anatomiche accurate fossero da lui iniziate soltanto durante il soggiorno milanese, a partire dal 1489 e svolte poi sino al 1515.
Questi studi vennero interrotti a Roma, per esplicito divieto del papa, che gli precluse l'accesso alla sala mortuaria dell'Ospedale di Santo Spirito.
Leonardo eseguiva personalmente le proprie preparazioni anatomiche e le riproduceva con disegni. Dei centoventi "libri" di anatomia che il maestro dice di aver composto non resta alcuna traccia.


I fogli con i disegni anatomici sono in gran parte raccolti alla Reale Biblioteca di Windsor e sono stati pubblicati in varie edizioni a partire da quella di Richter del 1883.

Gli studi anatomici leonardiani si caratterizzano per la loro continua attenzione al dato fisiologico: Leonardo riteneva importante che di ogni organo si ricercasse anche "l'uso, l'uffizio, il giovamento".
Nell'anatomia generale il maestro seguiva la dottrina aristotelica delle "partes similares" che individuava nel corpo umano undici "membri semplici o strumenti macchinali", vale a dire "cartilagine, ossi, nervi, vene, arterie, pannicoli, legamenti, corde e cotica e carne e grasso" e li suddivideva a loro volta in parti. Ad esempio, l'osso poteva essere "midolloso, spugnoso, vacuo e solido".


Leonardo riconosceva già nella pelle il senso del tatto e distingueva una "sopravesta", cioè l'epidermide, dagli strati più profondi. Alla pelle attribuiva anzi una certa importanza nell'azione di contrazione dei muscoli superficiali.
Quanto allo scheletro, Leonardo ne disegnava con accuratezza tre elementi: la "spina", cioè la colonna vertebrale, con i suoi "spondili" (le vertebre), il torace e il teschio, visto nel suo insieme e nei suoi elementi.
Quest'ultimo è quasi perfettamente riprodotto nella sua calotta ed è rappresentato segato sagittalmente e aperto in corrispondenza dei seni mascellare e frontale e del canale naso-lacrimale.
Leonardo disegnò lo scheletro nel suo insieme e lo studiò con cura riguardo alle proporzioni. L'"omero" della spalla era considerato da lui come un osso autonomo, secondo l'idea di Galeno dell'"os acromiale" ed era ritenuto un "osso glanduloso o petroso" così come la rotula ed i due sesamoidei del piede.

Forse per una inesatta valutazione del movimento del braccio, il maestro da Vinci riteneva considerevole l'accorciamento dell'avambraccio in seguito all'incrociamento fra radio e ulna (dalla pronazione alla supinazione). Oggi sappiamo che questa differenza si aggira su poco più di due millimetri.
Uno studio particolare è dedicato allo scheletro della mano, che viene comparata nella sua struttura a quella di altri mammiferi, specialmente a quella della scimmia.
Leonardo seppe disegnare con precisione l'inclinazione della pelvi e si soffermò con grande attenzione sui muscoli, che anatomicamente distinse in base alla forma, ai rapporti fra porzione carnosa e tendinea e alle variazioni di volume.


Per studiare meglio l'azione muscolare, propose di sostituire i muscoli nello scheletro con fili di rame attaccati alle loro origini e terminazioni.

Molti sono i disegni di Leonardo sull'apparato circolatorio, sull'anatomia e sulla fisiologia del cuore. Il cuore è accolto nel "mediaste", avvolto nel sacco pericardico, e rivestito da un "pannicolo" (l'epicardio), che fa aderire al viscere i vasi coronari. Leonardo riconobbe gli atri come parti integranti del cuore, definendoli "ventricoli superiori o estrinsechi" in contrapposizione ai "ventricoli inferiori o intrinsechi".
Si mantenne ligio all'autorità degli antichi nel considerare il setto attraversato dai "meati piramidali" che riunivano le due cavità. Però riconobbe l'endocardio nelle cavità cardiache e distinse anche le trabecole intraventricolari.


Spesso nei suoi scritti egli chiama indifferentemente "vene" anche le arterie, per quanto mostri di distinguere fra le due.
I disegni rappresentano frequentemente i vasi maggiori e medi del corpo, mentre i vasi pertinenti ai singoli organi sono raffigurati insieme con questi.
Considerò con attenzione anche l'apparato respiratorio, soprattutto in relazione al problema della voce ed alla sua fisiologia. Riteneva che la trachea, con le sue variazioni di lunghezza e con le variazioni di larghezza di quelli che definiva i suoi "anuli", variasse il tono della voce in concordanza con l'azione dei polmoni "a uso di mantice". Sembra che abbia scritto un trattato "De vocie" in cui figurava una tabella degli elementi del linguaggio.

Studiò anche l'apparato uro-genitale, il sistema nervoso centrale ed il midollo spinale, ma, ovviamente, l'organo che lo affascinò più degli altri fu l'occhio.
Per studiarlo aveva inventato il metodo di immergere l'organo in chiara d'uovo, bollendo poi il tutto in modo da tagliare in un blocco unico massa coagulata ed occhio, un metodo che precorre quello dell'inclusione usato nella moderna tecnica microscopica.
Da buon pittore si dedicò all'analisi delle proporzioni del corpo, argomento nella cui trattazione si rivela più strettamente la complementarità fra scienziato ed artista.

In questo ambito il Canone leonardiano conferma il rapporto vitruviano e pliniano fra grande apertura delle braccia ed altezza, fissato nel famoso disegno dell'uomo iscritto nel quadrato e nel circolo: la metà dell'altezza a livello del pene; tanto il tronco, quanto il braccio fino al polso lunghi un terzo dell'altezza totale; il piede un settimo; la testa un ottavo; la faccia e la mano un nono; il labbro un centododicesimo dell'altezza totale.
Per quello che riguarda la faccia, essa è alta complessivamente dodici labbri, mentre l'altezza del cuoio capelluto ne misura da uno a tre.