Cielo di Venere
Pd. VIII - IX - X
|
Beati: Spiriti Amanti
Figurazioni:
Nella luminosità diffusa del cielo di Venere Dante riesce a distinguere gli splendori delle anime beate, come nel fuoco si possono, tuttavia, distinguere le faville e nel canto polifonico si possono ascoltare le singole voci che realizzano l'armonia generale.
Gli spiriti amanti volteggiano più o meno velocemente a seconda del loro grado di beatitudine cantando "Osanna" (Pd. VIII,16-29).
Pianeta: Venere Pd. VIII,13-15 Io non m'accorsi del salire in ella; ma d'esservi entro mi fè assai fede (mi fu chiaro indizio) la donna mia (Beatrice) ch'i' vidi far più bella. Dante non si accorge fisicamente di aver compiuto l'ascensione da un cielo all'altro, ma comprende di essere salito nel cielo di Venere dalla aumentata luminosità e dal sorriso di Beatrice nell'avvicinarsi sempre più all'Empireo. L'ombra che proietta la terra quando viene illuminata dal sole giunge fino al terzo cielo (Pd. IX, 118-119): i primi tre cieli, dunque, conservano ancora qualcosa delle umane inclinazioni (debolezza, ambizione, passione). |
virtù cardinali: Temperanza (comune ai primi tre cieli)
arti: Trivio-Retorica
"E lo cielo di Venere si può comparare a la Rettorica per due proprietadi: l'una si è la chiarezza (luminosità) del suo aspetto, che è soavissima a vedere più che altra stella; l'altra si è la sua apparenza (il suo comparire nel cielo), or da mane (mattino) or da sera" (Convivio II, xiii, 13-14). Anche la Retorica mostra le stesse proprietà: non solo è la più soave di tutte le discipline, ma appare da mattina quando l'autore parla di fronte al pubblico e da sera quando l'autore utilizza le regole della retorica scrivendo.
Personaggi: Carlo Martello; Cunizza da Romano; Folchetto di Marsiglia; Raab.