BELACQUA Pg. IV, 97
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Alcuni documenti di archivio consentono con buona probabilità l'identificazione del Belacqua dantesco con un certo Duccio di Bonavia detto Belacqua, abitante nella zona di S.Procolo, vicino di casa degli Alighieri, morto all'inizio del 1300, di professione liutaio ed occasionalmente testimonio notarile, due attività che richiedevano grande pazienza ed erano, quindi, ben adatte ad un'indole pigra. |
Pd. XVII,136-142
Però ti son mostrate in queste rote,
nel monte e ne la valle dolorosa
pur l'anime che son di fama note,
che l'animo di quel ch'ode, non posa
né ferma fede per essempro ch'aia (che abbia)
la sua radice incognita e ascosa,
né per altro argomento che non paia.
(l'esempio per essere efficace deve essere noto)
Prima che dalla voce o dai tratti del viso, tenuto pigramente appoggiato sulle ginocchia piegate, Dante riconosce Belacqua, l'amico della Firenze domestica e giovanile, dall'espressione e dall'atteggiamento.
Pg. IV, 106-115Le battute tra penitente e pellegrino proseguono, dunque, il tono delle loro conversazioni a Firenze ed il loro reciproco motteggiare l'attivismo dell'uno e la pigrizia dell'altro. L'incontro con Belacqua è uno squarcio di vita vissuta, una variazione sul tema del ricordo, così sostanziale alla poesia del Purgatorio, che introduce il tema della pazienza come virtù, il saper attendere e desiderare l'intervento divino nella propria storia di salvezza.
E un di lor, che mi sembiava lasso (stanco)
sedeva e abbracciava le ginocchia,
tenendo 'l viso giù tra esse basso.
.....
e disse: "Or va tu sù, che se' valente!"
Conobbi allor chi era, ...