GIOVANNI EVANGELISTA (fulgida fiamma) Pd. XXVI, 2; Pd.XXXII, 127
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Figlio del pescatore Zebedeo, Giovanni fu prima discepolo di Giovanni il Battista, poi, alla sua morte, entrò, con il fratello Giacomo il Maggiore, nel numero dei dodici Apostoli. "Mentre (Gesù) camminava lungo il mare di Galilea vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano la rete in mare poichè erano pescatori. E disse loro: 'Seguitemi e vi farò pescatori di uomini'. Ed essi subito lasciate le reti lo seguirono. Andando oltre vide altri due fratelli, Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, che nella barca insieme con Zebedeo, loro padre, riassettavano le reti; e li chiamò. Ed essi subito, lasciata la barca e il padre lo seguirono.". (Matteo 5, 18-22) |
Pd. XXV, 112-114
Questi è colui che giacque sopra 'l petto (in riferimento alla deposizione)
del nostro pellicano (Cristo), e questi fue
di su la croce al grande officio eletto (prendere il posto di figlio per Maria).
Quando, dopo la Pentecoste, inizia la missione di evangelizzazione degli Apostoli, a Giovanni è affidata la Samaria.
Gli ultimi tempi della vita di Giovanni sono narrati dalla tradizione orale: dopo un lungo confino nell'isola greca di Patmos, Giovanni si stabilì ad Efeso, dove morì molto avanti negli anni durante l'impero di Traiano.
Giovanni è autore del quarto dei Vangeli sinottici che, rivolto prevalentemente ai Gentili, i convertiti che provenivano dal mondo pagano, risente fortemente di questo scopo dottrinario più che documentario sui fatti della vita di Cristo. Scritto originariamente in greco, il testo, tuttavia, contiene latinismi ed ebraismi.
La sua autenticità è stata riaffermata dal ritrovamento dei manoscritti del Mar Morto.
Giovanni è, inoltre, "quei che vide tutti i tempi gravi, / pria che morisse, de la bella sposa (la Chiesa) / che s'acquistò con la lancia e coi clavi (la lancia ed i chiodi che trafissero il corpo del Crocifisso)" (Pd. XXXII, 127-129), l'autore, cioè, dell'Apocalisse.
Apocalisse è parola di origine greca che significa "rivelazione".
La distinzione esistente fra il genere profetico ed il genere apocalittico consiste nel fatto che il profeta in genere riferisce parole udite, mentre l'autore di una apocalisse riceve le rivelazioni profetiche in forma di visioni, in cui assume un grande rilievo il simbolismo delle immagini.
Il genere apocalittico ebbe una ampia diffusione in ambiente giudaico, soprattutto fra i gruppi degli Esseni, "i separati", coloro che tentavano di preservare le tradizioni ebraiche immuni dai contatti con il mondo romano che deteneva il potere politico nel Medio Oriente.
L'Apocalisse venne scritta sotto il regno di Nerone o forse sotto il regno di Domiziano, comunque in un clima di grande violenza, persecuzioni e lacerazioni, in cui era indispensabile uno scritto che infondesse coraggio e coesione ad una nascente comunità di fede.
Direttamente ispirata ad un versetto dell'Apocalisse è un passo dell'invettiva di Dante contro i papi simoniaci ed eccessivamente compromessi nelle vicende del potere temporale:
Inf. XIX, 106-108
Di voi pastor s'accorse il Vangelista
quando colei che siede sopra l'acque
(le acque sono nell'esegesi scritturale i popoli della terra)
puttaneggiar coi regi a (da) lui fu vista;
Nel cielo VIII, prima di raggiungere l'Empireo, Dante deve sostenere un esame sulle tre virtù cardinali, sulla saldezza e l'ortodossia della loro concezione e sulla forza che esse hanno nella sua vita. L'occasione dell'esame diviene, così, una splendida, poetica professione della propria vita spirituale. Giovanni Evangelista interroga Dante sulla carità.
Dante accoglie pienamente l'interpretazione dei Padri della Chiesa, che vedevano in Pietro, Giacomo e Giovanni, chiamati da Gesù ad essere presenti alle manifestazioni della sua natura divina, cioè la Trasfigurazione, la resurrezione della figlia di Giairo e l'ultima preghiera nell'orto Getsemani, la figurazione delle tre virtù teologali, che non sono il frutto di una tensione umana, ma un dono della grazia divina.