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MINOTAURO ("l'infamia di Creti") Inf. XII, 12
Cerchio 7 - Violenti - guardiano

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Il Minotauro nella Commedia simboleggia la "matta bestialitade" (Inf. XII, 33 "ira bestial"), cioè la violenza cieca, e svolge la funzione di custode del Cerchio VII, dove sono puniti i violenti.
Nato dall'unione di Pasifae (Pg.), moglie di Minosse, re di Creta, e di un toro bianco, il Minotauro è una strana creatura, metà uomo e metà bestia (corpo di uomo e testa di toro oppure corpo di toro e testa di uomo: Ovidio, in Ars Amatoria, II 23, non scioglie il dubbio "semibovemque virum, semivirumque bovem").

Per congiungersi con il toro, Pasifae entrò in una vacca di legno, costruita da Dedalo.

Pg. XXVI, 41-42
... Ne la vacca entra Pasife,
perchè 'l torello a sua lussuria corra.

Secondo il mito, il Minotauro, cui gli Ateniesi dovevano pagare un tributo annuale di sette giovani e sette fanciulle, fu ucciso da Teseo, che si recò a Creta insieme alle vittime e riuscì ad entrare nel Labirinto, dove il mostro era rinchiuso, e ad uscire senza smarrirsi con l'aiuto di Arianna, che, innamoratasi di lui, gli fornì un lungo filo da srotolare lungo il percorso nel labirinto per trovare poi facilmente la via di uscita.

Il Minotauro, come Minosse, Caronte, Flegias, Gerione, Cerbero e Pluto, è uno dei personaggi della mitologia classica passati nell'inferno cristiano di Dante e collocati poi come guardiani dei vari cerchi, trasformati in esseri demoniaci sulla traccia dell'interpretazione figurale dei Padri della Chiesa, per i quali gli dei ed i demoni pagani erano figure del demonio, concludendo, così, il processo di assimilazione della cultura classica, iniziato fin dalle origini del cristianesimo.