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DIDONE Inf. V, 61
cit. (Dido) Pd. VIII, 9; (figlia di Belo) Pd. IX, 97
Cerchio 2- Lussuriosi

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Figlia di Belo, re di Tiro, Didone era regina e fondatrice di Cartagine.
Narra la leggenda che, alla morte di Belo, salirono insieme al trono i suoi due figli, Pigmalione (Pg.) ed Elisha. Il disaccordo, subito evidente, fra i due fratelli consegnò, di fatto, il potere al marito di Elisha, Sicheo, ricco cittadino di Tiro. Pigmalione per impadronirsi delle ricchezze e del potere fece assassinare il cognato e la frattura con la sorella divenne definitiva.

Con l'appoggio di parte dell'aristocrazia di Tiro, Elisha si risolse ad abbandonare per sempre la patria: con l'inganno riuscì ad impossessarsi delle navi di Pigmalione ed a portare con sè l'oro nascosto dal marito, che Virgilio narra esserle apparso in sogno per avvertirla dell'inganno del fratello.
Questa vicenda le procurò il nome Didone, la fuggitiva. Dopo anni di peregrinazioni, che li portarono dapprima verso Cipro, i fuoriusciti approdarono sulle coste africane ed iniziarono la ricostruzione di una patria. La prima necessità degli esuli da Tiro fu quella di occupare un territorio ed anche questo episodio fu trasposto in leggenda.
Si narra che il re Iarba avesse concesso a Didone quell'area che era possibile coprire con una pelle di bue. Si trattava, ad evidenza, di un inganno, ma la futura regina di Cartagine seppe risolverlo a suo favore: essa, infatti, tagliò la pelle di bue in strisce sottilissime che legò fra loro riuscendo, così, a circondare interamente l'altura su cui doveva sorgere la città.
Innamorandosi di Enea, giunto sulle coste di Cartagine dopo il lungo peregrinare da Troia distrutta, venne meno al patto di fedeltà giurato al marito defunto Sicheo.

"Didone ed Enea riparano in una stessa grotta.
Per prima la Terra e Giunone pronuba danno il segnale:
rifulsero lampi nell'aria a festeggiare l'unione,
e sulle cime dei monti ulularono le Ninfe.
Fu quello il primo giorno di morte, la causa prima
di tanti mali; Didone non pensa alle chiacchiere,
non pensa al suo decoro e non teme lo scandalo,
ormai non coltiva più un amore segreto,
lo chiama matrimonio, vela così la sua colpa."
Eneide IV, 201-209
Trad. C.Vivaldi

Abbandonata da Enea Didone si tolse la vita.

"Fondai una grande città, vidi sorgerne alte le mura,
vendicai mio marito, inflissi al fratello nemico
giuste pene: felice, ahi, troppo felice se solo
non fossero mai arrivate ai nostri lidi sabbiosi
navi dardanie!". Disse e premè la bocca sul letto.
"Moriamo senza vendetta - riprese - ma moriamo.
Così, anche così giova scendere alle Ombre.
Il crudele Troiano vedrà dall'alto mare
il fuoco e trarrà funesti presagi dalla mia morte".
Eneide IV, 795-804
Trad. Cesare Vivaldi