PICCARDA DONATI Pd. III, 34
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Pd. III, 46-49 |
La mia sorella, che tra bella e buona
non so qual fosse più (Pg. XXIV, 10 ),
dice di lei il fratello Forese, dovette colpire il poeta, che si avviava alla maturità umana e poetica, ed un'offesa dovette apparirgli il rapimento dal convento di S. Chiara a Firenze. Corso, infatti, probabilmente nel decennio compreso fra il 1283 ed il 1293, periodo in cui ricoprì varie cariche pubbliche a Bologna, costrinse la sorella a sposare Rossellino della Tosa, stringendo, così, una parentela molto vantaggiosa per gli interessi della famiglia e per la personale carriera politica.
Pd. III, 106-108
Uomini poi, a mal più ch'a bene usi,
fuor mi rapiron de la dolce chiostra:
Iddio si sa qual poi mia vita fusi.
I primi commentatori riferiscono una leggenda che raccontava come Piccarda avesse ottenuto di conservare la verginità promessa, ammalandosi di lebbra e morendo in pochi giorni, ma Dante, di certo ben informato sulle vicende di casa Donati, lo esclude nettamente se pure stende un velo sulla vita di Piccarda successiva al rapimento: sarebbe stato un inutile scavare fra particolari privati, poichè la vicenda umana di Piccarda, si chiude con quell'evento, il rapimento, che segnò la sua esistenza spirituale. La sua vita coniugale è un fatto occasionale che prolunga nel tempo terreno uno stato di salvezza già in atto. |