PIER DAMIANO Pd. XXI, 121
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Pietro nacque a Ravenna nel 1007, da una modestissima famiglia. Rimasto orfano poco più che bambino, visse in povertà fino a quando il fratello maggiore Damiano, arciprete di Ravenna, riuscì a farlo entrare in una scuola faentina: per ricordarne la generosità aggiunse al suo il nome del fratello e divenne Pietro Damiano. |
Pd. XXI, 121-123
In quel loco fu' io Pietro Damiano,
e Pietro peccator fu' ne la casa
di Nostra Donna in sul lito adriano.
Questa terzina costituisce un nodo critico di difficile soluzione, essendo incerte non solo l'esatta interpretazione dei versi, ma anche le notizie storiche cui i versi stessi fanno riferimento.
Non è chiaro, infatti, se Pier Damiano trascorse un periodo, comunque non lungo, della sua vita nel monastero di S. Maria di Pomposa, presso Ferrara, o nel monastero di S. Maria in Porto, presso Ravenna, entrambi non distanti da quel "lito adriano", la riviera adriatica, in cui Dante colloca il monastero di "Nostra Donna" (Nostra Signora).
Di S. Maria in Porto fu priore il beato Pietro degli Onesti (1040-1119), noto per l'appellativo di "Petrus Peccator" che volle, per umiltà, portare in vita e che fu inciso sulla sua tomba.
Anche Pier Damiano, tuttavia, firmò per un certo periodo i suoi scritti con l'appellativo di "Petrus Peccator". Da qui la confusione fra i due 'Pietro', in cui cadde tutto il Medioevo, ritenendoli talvolta anche una sola persona, nonostante l'evidente discordanza delle date delle loro vite.
Il testo dantesco non fa luce sui dati storici: la terzina, infatti, si può agilmente interpretare sia nel senso che il santo voglia qui distinguere se stesso, risiedente nell'eremo di Fonte Avellana, dal Pietro Peccatore del monastero di S. Maria in Porto, sia nel senso che il santo alluda a due diversi momenti della sua biografia.
Durante il pontificato di S. Leone IX, Pier Damiano fu priore del convento di Acri e denunciò apertamente la corruzione serpeggiante nei conventi e fra il clero secolare.
In seguito, nominato cardinale e vescovo di Ostia nel 1057, si occupò, su incarico dei papi Vittore II, Stefano IX, Niccolò II ed Alessandro II, di delicate missioni diplomatiche, tutte volte a ricondurre alla moralità il clero caduto nel vizio.
Dopo aver presieduto il concilio di Magonza ed aver riportato la pace nella chiesa fiorentina, sconvolta dall'accusa di simonia contro il suo vescovo, ottenne dal papa il permesso di ritornare alla vita contemplativa.
Tratto ancora una volta dall'eremo di Fonte Avellana, per ricondurre all'obbedienza la
chiesa di Ravenna, S. Pier Damiano morì a Faenza sulla strada del ritorno, nel 1072.
La sua energica azione di predicatore, esempio di una predisposizione alla mistica che non disdegna l'impegno pastorale,
accesi di quel caldo (l'amore verso Dio)
che fa nascere i fiori e ' frutti santi. (la meditazione e le opere)
Pg. XXII, 47-48