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Anassagora ed Arato parlano della "ruota risplendente che gli uomini chiamano Latte".
Alla via Lattea si riferiscono usando questo nome anche Eratostene ("il circolo della Galassia"), ed altri autori greci, mentre per Ipparco è semplicemente "Galassia".
Presso molti altri popoli essa era nota come "il fiume celeste".
Galaxure, l'amabile creatura di un inno omerico, era probabilmente una personificazione di questa massa di stelle e forse ad essa è correlata anche Galatea, figlia di Oceano, la ninfa "bianca come il latte" dell'Iliade.
La Galassia, presso i Greci, fu nota anche come "Eridanus", il ruscello celeste.
A Roma era conosciuta come "ghirlanda celeste" ("coeli cingulum") e Plinio la definisce "Circolo Latteo", ma fra i Romani sembra predominare l'idea della "via celeste" ("Via coeli regia", "Via lactea").
La Via Lattea appare come una lunga striscia bianca che si snoda fra i due poli celesti.
Nell'ambito di questa striscia sono, tuttavia, individuabili numerose stelle, più o meno luminose.
Nel mondo medievale circolavano diverse teorie sulla natura e la formazione della Via Lattea, che Dante raccoglie e discute nel Convivio (Cv. II xiv, 5-8).
Egli sostiene che Anassagora pensava che essa riflettesse la luce del sole, opinione condivisa da Aristotele, Democrito, ed anche dal tardo Avicenna.
Il poeta inoltre attribuisce ad Aristotele un'altra teoria, secondo la quale la Galassia si sarebbe formata con il raccogliersi di vapori attorno alle stelle di quella parte del cielo.
La Via Lattea è posta in relazione con il mito greco di Fetonte. Fetonte era figlio di Helios (Apollo) e della ninfa Climene. Quando Epafo mise in dubbio che era figlio di un dio, Fetonte ricorse prima alla madre, per avere una smentita della maligna insinuazione, e poi ottenne da Apollo il permesso di guidare per una volta il carro del sole nel cielo, quasi a conferma del suo amore paterno. |